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somme per fabbricarsi la livrea ministeriale. Le confidenze principiarono: Ferdinando penetrò negli angoli più riposti della cospirazione. Se i Sovrani d’Italia fossero stati meno solleciti in seguire il suo esempio, forse egli, assicurato già della protezione del sire di Francia, avrebbe in quell’ora stessa ritirata la sua parola ed abolito l’atto del 29 gennaio: ma in quelle condizioni non potevasi più indietreggiare. E poi chi sa pure s’e’ prestasse fede intera al traditore? Timeo Danaos et dona ferentes! L’entusiasmo universale, la soddisfazione unanime con cui era stata accolta la parola libertà erano troppo potenti per considerarli come opera di un partito debole e scomposto, quale il Bozzelli diceva, e non sospettare sotto quello strato un popolo intero che si sarebbe levato in massa contro la violazione dell’atto. Sia comunque, la ragione fondamentale della rivolta, la quale aveva costretto il re ad accettare i patti del popolo, fu dimenticata, e lungi dal lasciare al vincitore la redazione dei capitoli delle condizioni di pace, la Carta francese del 1830 fu tradotta ed offerta alla disamina del Consiglio di Stato. Essa fu dibattuta con passione; ma Bozzelli, che l’aveva antecedentemente concertata col re, seppe farla passare. — Quando il popolo la conobbe lo scontento si manifestò. La maschera cadeva: gli uomini che sapevano pensare avevano tutto compreso: avevano compreso segnatamente che, fra non guari, sarebbe stato d’uopo cominciare da capo. — La Francia, dal 1815, aveva gustato le dolcezze di quel regime, e sperimentata l’efficacia di un patto così eteroclito. Una rivoluzione non era bastata per far cadere le cataratte e correggere il principio: di proposito deliberato si