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nelle montagne del Cilento con una mano di quindici uomini scalzi e disarmati. Al primo segnale le turbe accorsero. Il grido di libertà non si fa udire giammai vanamente fra quella gente. Essa è brava, determinata, forte in faccia ai pericoli ed in faccia ai mali, la fame non esclusa. Pochi di quegli abitanti conoscono il sapore del pane di frumento, e quando vuolsi dire nel paese che qualcuno è in sul varco della morte, si dice: è giunto a mangiar pane di grano! Essi non fanno uso del vino che nelle grandi solennità, il Natale, la Pasqua, l’ultimo dì di carnovale. La loro sobrietà è estrema come la loro miseria; la rassegnazione senza esempio nella storia delle sventure umane. Vi ha di quelli che non conoscon nemmeno il valore delle monete. Taciturni, burberi, fieri, odiano per istinto qualunque potere. La loro obbedienza è una protesta: la loro sottomissione una sfida. Fattasi una guardia del corpo di questi Cimbri, il Carducci cominciò a percorrere il contado. Gli attestati della simpatia la più viva lo accoglievano da per tutto: i suoi voleri erano ordini. Il clero, obbligato dal popolo, gli andava incontro con la croce; il suono delle campane lo festeggiava. Egli riformava o creava una guardia nazionale: disarmava i tristi e gli avversi: dava le armi ai più ardimentosi ed ai liberali: aggiungeva alla sua coorte un altro branco di uomini, e progrediva. Gli agenti del governo allarmati dal procedere incessante che egli faceva, gli spiccarono contro incontanente un grosso corpo di soldati, artiglieria, cavalli e cacciatori. Ma non potendo né l’artiglieria né i cavalli manovrare nelle montagne, la fanteria in quanti scontri sostenne fu messa in dirotta completa. Queste novelle, propagate