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versi, calpestando insieme donne e fanciulli, rovesciando chiunque era ad essi d’intoppo, mettendo in fuga vetture e pedoni a loro volta, obbligarono a chiudersi in un istante tutte le porte de’ palagi, sparsero la costernazione e lo spavento fra tutti i cittadini. Chi diceva che i briganti di Calabria erano alle porte: chi assicurava che i siciliani vittoriosi erano a vista in sulle Bocche di Capri: chi sussurrava di austriaci e di russi. La polizia era fuori del secolo. I soldati tentennavano e non sapevano contro chi sfogare la loro irritazione, se contro il governo che li teneva sul piede di guerra notte e giorno, o contro il popolo cagione di tali misure. I proprietarii cumulavano oro per partire, se d’uopo ne fosse stato. I preti parlavano di giustizia di Dio, di vendetta di Dio irritato da un papa ateo e liberale. I fondi pubblici bassavano: le cedole apportavansi alle Banche per esser pagate: il tesoro si spossava, e non vivea che di carta e di credito oramai difficile. La fame intanto cresceva: il lavoro mancava: i funzionarii pubblici incerti sull’avvenire bilanciavano e si astenevano di agire: il malcontento, il malessere, l’ansietà, lo sbigottimento era universale. Il governo, ossia il re, si stancava in atti insensati ora di ferocia, ora di viltà. I Consigli di Stato fluttuavano anch’essi e si succedevano senza nulla risolvere, perchè alcuno non ardiva pigliar quivi la parola, e chiarir francamente la situazione, per proporre temperamenti generosi e liberi. Il paese in una parola, in tutte le sue regioni, si sentiva trascinare nel buio, si sentiva dissolvere. Quelle manovre senza senso del Comitato, di niente altro feconde che di nuovi arresti e di maggiore scoraggiamento e ter-