Pagina:Petruccelli - La rivoluzione di Napoli nel 1848, Genova, Moretti, 1850.djvu/31


— 25 —

quella della intelligenza, e quella delle finanze. La storia non è che la lotta di queste influenze centrifughe contro il potere di assorbimento che esercitano gli Stati. La monarchia di Napoli non ebbe differenti avversarii e neppur essa rinculò dal combattimento. Alla religione oppose il guadagno, il guadagno sotto la sua forma più cinica, l’oro, e vinse. Alla milizia profuse gli allettamenti, gli onori, le promesse, e la guadagnò. Sull’intelligenza si spinse furiosa con le galere ed i carnefici, la avviluppò di preti e di sbirri, cercò forviarla, adulterarla, e fece molti martiri, se non fece proseliti; ritrasse molti invalidi e qualche tregua, se non giunse mai ad ottenere vittoria. Alle finanze infine, alle fortune s’impose come una provvidenza, quasi una condizione necessaria perchè esse potessero esistere, se le fece complici, mostrò solidarietà d’interessi, le atterrì insomma per comparirne poi il salvatore. I mezzi di qualunque natura non furono risparmiati per guadagnar terreno: virtù o vizio non ebbero più significato per assicurare l’esito. — Ferdinando I, Sardanapalo plebeo, regnò con la mannaia e con lo spergiuro; Francesco I, il Claudio de’ tempi moderni, con l’inquisizione, con gli ergastoli, con la forca, ed alla vigilia di una morte contristata da truci fantasmi, protestò voler radiata dalla lingua umana la parola perdono; Ferdinando II, questo pulcinella sanguinario, regna con le bombe, con i gesuiti e con le proscrizioni. La missione comune di questa famiglia è stata dunque corrompere o uccidere: scopo supremo, contaminare lo spirito umano o sopprimerlo: mezzi per riuscire, il carnefice ed il prete, e qualche volta l’oro. — Disprezzati ed obliati nella famiglia europea, la storia