Pagina:Petruccelli - La rivoluzione di Napoli nel 1848, Genova, Moretti, 1850.djvu/21


— 15 —

zialmente agricola, è concentrata in poche famiglie e qualche corpo morale, i quali formano un’oligarchia, fortunatamente non assai compatta, perchè sottoposta di continuo, per la paura del governo, all’azione dissolvente di quell’atroce e volgare massima di stato: divide et impera. Questa oligarchia si guarda torva e sospettosa, ed è penetrata ancora del formalismo iberico che la informa della sua superba barbarie, e neutralizza tutta la forza demolitrice del secolo XVIII. Questa oligarchia elevata a principio, ha rimpiazzata l’antica feudalità, e più trista, più avida, più inesorabile poichè è l’aristocrazia dei pervenuti, e perchè accoppia all’istinto dell’usuraio le pretensioni del gran signore. Non vi è piccola città, non vi è piccolo contado o borgata che non abbia uno o due di queste incarnazioni di delitto, tra loro nemici, nemici a tutti. E le disegno col nome di delitto incarnato, perchè le loro ricchezze non sono di ordinario frutto di nobile lavoro cumulato, ma prodotto veloce di qualche immondizia sociale, come usurpazione dei beni municipali, servizio occulto renduto alla famiglia borbonica nei giorni dei suoi rovesci, usure, furti nelle sventure delle rivolte, o altre sordidezze le cui tradizioni non sono cancellate nei nipoti, benchè commesse dagli avi. L’educazione di questa genia è monca ed adulterata. Ha perduto la rustichezza e la bonomia del villano, ma non ha assunto ancora quei modi squisiti, quello slancio sicuro, illuminato e mondo di pregiudizi cui dà una civiltà perfetta, quella cognizione chiara e profonda delle leggi morali che conducono la società. Tenuta nello stato d’infanzia intellettuale da un governo perfido e corruttore, spoglia di quel criterio che dà l’istinto ad uomini da Dio fortemente organiz-