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era piena ed intera, l’amicizia espansiva, l’accordo provato. Il primo incontro quindi tra Ferretti e il Borbone fu di una tenerezza squisita. I giornali del ministero parlarono anche di lagrime. Le presentazioni uffiziali ed obbligatorie per parte del governo di Napoli principiarono ben tosto. Il papa con bella grazia presentava il piede a baciare, e non obliando mai il vecchio gergo di sposa di Cristo vedovata, di orbe cattolico in lutto, di cristianità in lagrime, di adulterio delle sante cose, si degnò per fino parlare di agricoltura coi magistrati, e di candele steariche con i militari. Poscia per dare un poco di aria a tutto il vecchio arsenale pontificio dei mezzi tempi, ne cacciò fuori una modesta scomunica, e la mandò in dono ai suoi cari figli di Roma e dello Stato. Il paterno cuore si effondeva tutto a raccogliere sotto il manto di carità e di perdono gli infami briganti, i sacrileghi assassini, i ladri, gli anarchici, ed il resto della preziosa nomenclatura, di cui le bolle pontificie di tutti i tempi reclamano il diritto d’invenzione. Pio IX spingeva la sua familiarità fino a fabbricare delle sciarade pei principini, e dei bisticci per i soldati. Infatti non diceva egli ad una deputazione del nono reggimento di linea, che portando entrambi il medesimo numero, dovevano avere entrambi lo stesso spirito? Quei poveri diavoli si domandarono a vicenda che significasse quel guazzabuglio di parole, ed ebbero il torto non farselo spiegare dal cardinale Antonelli, il Figaro dei saturnali di Gaeta. Poi messe, Tedeum, Tantum ergo, processioni, omelie; e sempre il re nel glorioso ufficio di sacrestano. Poi piccole passeggiate al chiaro di luna con la romantica regina, e delle lunghe conferenze con i pesanti diplomatici: