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gente della forza sociale: a tutte le classi, con l’esercizio pieno e vero della libertà, fu restituito uno sviluppo compatibile alla sfera rispettiva.

Lo spirito di questa rivoluzione colpì il pontificato nell’anima. I suoi due principii, l’immobilismo e la estraneità, erano proscritti; quindi annullato. Il pontificato è la negazione del progresso, per la ragione appunto che attinge la vita e la forza nel passato; ed il progresso indefinito è consostanziale, è incarnato al suffragio universale. Il pontificato è la negazione della nazionalità, per la ragione appunto che è cattolico; e la nazionalità era stata la significazione vera della rivoluzione. Essa concentra nel suo seno tutta la vita sociale, ed intende comunicarla ai popoli; e la vita sociale s’irraggia al contrario dalla circonferenza al centro. Esso rinunzia alla sua personalità per abbracciare l’universo; e perchè gli altri popoli ne avevano difesa la inviolabilità con orgoglio e perseveranza, l’Inghilterra è una nazione, la Russia è una nazione, la Prussia stessa, da piccolo principato, si è elevata a rango di popolo. Non eran dunque dei calunniatori coloro i quali asserivano che la rivoluzione romana voleva distruggere il pontificato, quando invece voleva assorbirlo nella nazione e farne un elemento di vita italiana, da seme di morte che esso era? Il papato era morto. Era morto sin da quando rinnegando l’ultimo attributo che lo aveva sostenuto nel medio evo, quello di difendere il debole e proteggere i popoli oppressi, aveva stretto l’anello della santa alleanza, e si era assiso con gli eretici del Congresso di Vienna. Qual parte aveva quivi rappresentato il pontificato? domanda Quinet. Aveva forse parlato per la Polonia, per la