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tre ragioni per isbarazzarsi della Camera. La guerra di Sicilia andava ad incominciare. Non essendo mio disegno, come ho detto, descrivere le cose dell’altra parte di là del Faro, accenno solamente, per non interrompere la lunga catena dei delitti del governo napolitano, e passo oltre. Il seguito di questa storia è una mesta pagina. L’opera della demolizione della costituzione non s’arrestò più: e ad ogni giorno che cadeva, lo statuto depositava una sua foglia sul cenotaffio della libertà. Che poteva più rattenere re Ferdinando? Vedeva la stella dell’Austria riapparire sull’orizzonte, e l’Italia avvilupparsi nel suo antico sudario per discendere nella fossa. Furono quindi riprese le relazioni diplomatiche con l’Austria; rotto qualunque legame di patria e di sangue con l’Italia. Quest’opera contro natura, questo parricidio morale fu consumato a sangue freddo; e per dargli una consacrazione più vasta, si comandò la spedizione di Sicilia. I preparativi già si facevano da lungo tempo e senza mistero. La camera dei deputati ebbe torto di non interpellare i ministri. Sarebbe stata una menzogna di più, in faccia alla quale essi non avrebbero al certo rinculato: ma l’interpellazione avrebbe protestato innanzi al mondo, la nazione non essere nè connivente nè solidale nel fatto del governo. Se i siciliani avevano innalzata la bandiera della discordia, e scisso un altro membro nel corpo anatomizzato d’Italia, non toccava ai napolitani, che avevan gemuto alla catena stessa, assumere la parte di carnefici. Questo oblio è una macchia nella vita della camera napolitana. — I siciliani avevano fatti preparativi stupendi, o almeno con grande iattanza i giornali li annunziavano. L’Inghilterra ne aveva riconosciuta l’indipendenza di fatto; la Francia ne ne-