Pagina:Petruccelli - La rivoluzione di Napoli nel 1848, Genova, Moretti, 1850.djvu/155


— 149 —

che la buona fede era nel fondo dell’anima loro, si abolisce, come abbiamo detto innanzi, il programma del 5 aprile dal re sanzionato: si mutila la legge elettorale: si ordina agli intendenti di falsare nelle provincie le elezioni: si creano commissioni speciali per giudicare dei delitti di Stato: si uccide la stampa: si interdicono i circoli: si revocano i funzionarii pubblici liberali; con l’intimidazione e col danaro si corrompono i giudici: si fa il birro ed il soldato dittatore del paese, e si accorda loro mero e misto imperio su la roba e la vita dei cittadini. Tanta inverecondia colmò la pubblica indignazione. Il 14 maggio, per una gran parte della nazione, la parola repubblica o aveva un significato funesto, il significato del 1799, o non ne aveva affatto: il 16 maggio era da ogni cuore desiderata, ed universalmente, come speranza suprema, sarebbe stata accolta, se i capi rivoluzionarii l’avessero proclamata altamente. E questo radical cangiamento dei suoi principii politici il paese manifestò, senza mistero ed unanime, nelle novelle elezioni. La Camera del 15 maggio era stata sciolta, marcata alla fronte dal governo con l’epiteto di anarchica: la nazione votò per l’anarchia. Molti collegi elettorali rifiutarono procedere a nuovi comizii, dichiarando illegalmente sciolto il Parlamento: molti altri protestarono. In generale dall’urna dei suffragi uscirono quei nomi stessi che avevano formata la Camera precedente. Il ministero comprese l’importanza di quelle nomine. Erano un voto di sfiducia, una condanna: ma non si riscosse. Seguitò a dire che quei deputati erano dei repubblicani, dei comunisti, dei nemici del trono e dell’altare, dei briganti, dei promotori di guerra civile: li fece insultare