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pure, nell’orgia celebrata alla Reggia nella notte del 15 al 16, che il nuovo governo s’inaugurasse con l’atto di abolizione dello Statuto. Ma Cariati, il più abile ed il più onesto in quel ministero da tagliaborse, aveva consigliato di attendere. Egli voleva conoscere quale impressione il colpo di stato avrebbe prodotto nel paese ed in Europa. In effetti la Francia rispose col manifesto di Lamartine: il Piemonte per mezzo del suo Parlamento decretò una colonna d’infamia a re Ferdinando: l’Austria costrinse a fuggire di Vienna l’imbecille imperatore: l’Inghilterra a voce alta assunse la difesa di Sicilia: in tutta l’Europa la stampa non ebbe che una voce di esecrazione pel Caliban della monarchia e per la casa del Borbone: e la nazione si commosse intera. L’aspetto minaccevole assunto dappertutto: l’austriaco che inseguito alle calcagna fuggiva innanzi la spada gloriosa di Carlo Alberto: l’Italia superiore, che alla casa di costui addossata, alla voce d’indipendenza scuotevasi sempre più profondamente, sedarono quelle velleità intempestive di rigustare il potere assoluto, e resero cauto il ministero. Si contentarono del dominio di fatto, e lasciarono sussistere uno straccio di Carta innocente ed inoffensivo. Fecero anzi di più: fecero confessare innanzi all’Europa il devoto monarca con un proclama, lo mostrarono profondamente addolorato dell’assassinio, contrito del sangue versato, e lo spinsero a domandare l’assoluzione, che Pio IX gli mandava per espresso. Gli fecero promettere inoltre di non più spergiurare per l’avvenire, e che lo Statuto si sarebbe mantenuto inviolabile. Non bastava a re Ferdinando essere pinzocchero e carnefice, doveva aspirare anche alla gloria d’istrione! E per convalidare