Pagina:Petruccelli - La rivoluzione di Napoli nel 1848, Genova, Moretti, 1850.djvu/150


— 144 —

nobbero più capi: non si udì più comando: eccetto gli albanesi, che condotti dal De Simone si mostrarono impassibili come lui. Tutti si apprestarono a tornare a casa, e senza aspettare la permissione si sbandarono e partirono. Quei di Mormanno ci avevano venduti. Ma l’avrebbero essi potuto, se il difficile passo per cui dovevano traversare necessariamente fosse stato guardato dai nostri? I due corpi di regii si posero in comunicazione. Ribotti fuggì co’ suoi sopra Cosenza. Delle amare parole furono scambiate tra lui e Ricciardi. Questi gli gittò più volte sulla faccia l’insulto di codardo e di traditore, che quell’altro non osò smentire, non osò vendicare. Invece riferì ai siciliani, i calabresi insospettiti essere sul punto di metterli a brani. Il terrore si sparse nella città: da un lato e dall’altro si armarono, si fu in procinto di venire alle mani. Ma chiaritasi bentosto la indegna menzogna, la calma ritornò di bel nuovo qual poteva ritornare in una città, che si attendeva da un momento all’altro ad essere occupata dai masnadieri del 15 maggio. Il vescovo, il capitano della guardia nazionale e qualche altro andarono in commissione a Busacca per invitarlo a venire a Cosenza, e calmarne la rabbia. Il Comitato, i cittadini più compromessi, ed i siciliani uscirono dalla città e si accamparono fuori per aspettare l’indomani e partire. La notte stessa però essi si avviarono verso Catanzaro. — Quivi le cose non andavano meglio, perchè non erasi meglio di accordo. La spedizione della Mongiana infatti non aveva avuto quell’esito che prometteva, benchè si facessero nove uffiziali prigionieri e si prendessero due cannoni. Ippoliti che comandava il corpo dei militi, il quale doveva