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Napoli si muoiono adesso quasi ventimila disgraziati! la mia storia sarà la psicologia della rivoluzione. Del resto che importa l’uomo? il dolore e la gloria di queste ultime rivolture sono collettive: il martire di Pesth è come il martire di Messina. Lo spirito umano solidariamente si è sollevato ed ha gittato l’ultimo soffio sulla vecchia società europea. Questo edifizio tarlato, screpolato da altre due rivoluzioni, è caduto per terra. Ma per divorarne sino gli avanzi che ingombrano ancora il campo di battaglia, la demolizione continua, e continua in Russia come in Sicilia. Kossuth, Mazzini, Ledru-Rollin, Roberto Blum, Riccardo Cobden, Beni, Garibaldi non appartengono al paese dove intonarono l’inno della resurrezione. Essi sono come altrettanti plenipotenziarii delegati dalla democrazia europea per rappresentare i suoi principii; sono i sacerdoti di quella grande idea che il Vangelo ha fecondata per diciannove secoli, malgrado la resistenza sacrilega del pontificato romano. La storia di Napoli quindi non è che una pagina della storia della commozione europea, e n’è l’iniziazione. Io la racconto affinchè ognun si ricordi donde siamo partiti, affinchè questo Nilo fecondo riveli le sue sorgenti. D’altronde coloro che più non sono, coloro che soffrono, non hanno forse diritto di domandare questo conforto di memorie? Non è carità ed accorgimento far passare tra i ferri delle prigioni un volume che parli di speranze, che rammemori gli sforzi dei generosi? La disperazione condurrebbe al suicidio il prigioniero, il quale si sente morire sul suo putrido pagliericcio, il galeotto cui tormenta il peso delle catene se si persuadesse che il suo supplizio è una voce senza eco, che al di là di quelle mura d’inferno non ci ha neppur