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ministro voleva un’Italia intera, un’Italia italiana; l’Imperatore aveva fatto delle riserve, delle reticenze, aveva dei fini occulti. Cavour non volle tradire l’Italia. E la convenzione di Villafranca fu precipitata.
Anche il re rinnegò il suo ministro!
Ratazzi, il quale rimpiazzò il conte di Cavour, obbligato a ritirarsi, Ratazzi si trovò imbarazzatissimo con la Francia. Egli non osò nè bravarla, nè cedere. La caparbia resistenza del barone Ricasoli, in Toscana, salvò l’Italia. Cavour fu richiamato agli affari. Egli accettò l’annessione del Centro e segnò la sua pace con le Tuileries, mediante la cessione, dolorosissima, ma giustissima, astuta, politica, di Nizza e della Savoja. Egli inaugurava il principio dell’Italia una, che contraponeva ai principj del trattato di Vienna. Un altro atto del grande dramma italiano era ancora rappresentato. Restava il quarto.
Il conte di Cavour lascia i volontari organizzarsi e li ajuta, sotto mano, come può. Egli lascia partir gli argonauti che vanno alla conquista del vello d’oro — l’unità d’Italia — a Marsala, ma non senza uno stringimento di cuore, dubitando dell’esito. Egli li lascia vincere, procedere, marciare, rovesciar la dinastia borbonica, e poi, una volta sul Volturno, in faccia di quella ridicola Capua che barrica loro la strada di Roma, il conte di Cavour si finge debordé, secondo la parola dell’Imperatore, dalla rivoluzione e dai rivoluzionarj, e gitta l’esercito del re negli Stati del Papa. Egli salva Garibaldi, la rivoluzione, l’I-