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agisce e che crea. Ora una parte di questi elementi debbonsi naturalmente concentrarsi in questo foco dell’energia nazionale, che addimandasi Parlamento. Si deve trovar quivi il pensiero di questa nazione, il segreto del suo movimento, il meccanismo della sua vita. Ebbene, osservare questa nazione all’opera, prendere quasi i lavoratori sul fatto, esaminare le molle interiori che li muovono, specificare, classificare, disegnare i differenti centri, i differenti elementi di questa forza; vi sembra desso un proposito a negligere?
Io tratteggerò questi schizzi al punto di vista extra-nazionale, vale a dire, senza dettagli inutili, senza simpatie di campanile. Tutti i miei onorevoli colleghi sono degli uomini, relativamente, ragguardevolissimi: ma essi non lo sono mica tutti allo stesso grado al di là delle alpi ed al di là dei mari. Che io scriva due colonne sul signor Borella, sul signor Bonghi, sul signor Capone e che so altri ancora, l’Europa non ne saprà affatto più sull’Italia che la non ne sapeva ieri, che non ne saprà domani.
D’un altro lato, io credo poter giudicare gli uomini ed i partiti con imparzialità. Avendo abitato per dodici anni la Francia e l’Inghilterra, io sono straniero a molte passioni ed a tutte le rivalità. Essendo quasi il solo repubblicano della Camera che non ha idolo — nè Mazzini, nè Cavour, nè Garibaldi — che non ha alcun partito preso, come il mio amico Ferrari; non vedendo alcuna probabilità prossima al successo delle mie idee, io riguardo la lotta dei partiti con la più