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Sopprimete il Parlamento — questo crogiuolo della vita italiana — e l’Italia scompare, ed il fantasma si dilegua. Finchè questa sintesi di sette antichi Stati — sta in piedi, si presenta all’avanguardia, va compatta, sta soda, confidente, concorde, si attesta, attesta i suoi diritti, tien testa ai rifiuti, alle minacce, alle negazioni, alla lotta, ed incede, ed avanza, e non si arresta mai, e non trasmoda, e non perde nè la dignità, nè la calma, ed ha fede, ed è inesorabile o clemente a seconda le vicessitudini e le circostanze, e non si subordina a chicchessia; finchè questa sintesi della nazione italiana, dico, fa udire la sua voce in mezzo all’Europa che ascolta e ne spia ogni movimento, l’Italia non corre pericolo. Essa è in via di formazione: si completerà.

Quindi è mestieri non colpire il prestigio che esercita ed ha il Parlamento. Esso è l’arca santa della nazione. Resterà, quando ministri e re non saranno più. Esso è la nazione — vale a dire l’immortalità. Perocchè l’Italia, che si credeva morta, squartata e sbranata come era in sette membra — l’Italia si è trovata viva, quando Este, Lorena, Borboni, Asburgo non sono stati più, non sono più. Anatema a chi bestemmia contro il Parlamento, ed al Parlamento, esso stesso, se contamina la sua dignità! L’insignificanza, la bruttura stessa di qualcuna delle sue membra non alterano la vita e la nobiltà del corpo. Il corpo, si rinnova nella giovinezza eterna della nazione.

L’esistenza del Parlamento all’interno è il faro su cui si poggiano e riposano gli occhi di tutte