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non ha più eco, non più ragion d’essere. Non risponde ad alcun bisogno, non soddisfa più le esigenze dei tempi. Quindi deve ritirarsi. Quindi lo si vede oscillare, brancolare. La sua sève è esaurita. L’Italia d’oggidì non è più quella dell’anno scorso. Un mondo nuovo è nato. Altri interessi sgruppati, altri nuovi sorti ed esigenti. La corrente elettrica tra il popolo ed i suoi mandatari è rotta. Bisogna ristabilirla. Nuove elezioni sono indispensabili. Però questo Parlamento fece il suo compito, e largamente. Esso lascia un marchio.

In Italia esso esprime l’unità; fuori, l’unità e la rivoluzione. Il Parlamento è il cuore che palpita ed indica in Europa che l’Italia una vive, pensa, parla, vuole, ed è pronta ad agire. Se il Parlamento italiano non esistesse, l’Italia una, per l’Europa, sarebbe un’utopia, un sogno, e forse un attentato da cospiratori. Tanti individui, convenuti da tutti i punti d’Italia, con tante passioni, idee, precedenti, interessi diversi, sedere insieme, intendersi, formare una maggioranza ed una minoranza, esprimere concetti identici, desiderii comuni, scopo unico, stupisce, atterrisce l’Europa. Questa cominciò dalla meraviglia, anzi dall’incredulità, oggi subentra in lei l’agitazione, la paura. Ed è perciò che le ostilità contro l’unità italiana, da sei o otto mesi in qua raddoppiano in tutta l’Europa. Oggi, uditelo nell’Assemblea francese, noi siamo la rivoluzione — il long Parliament che aspetta il suo Cromwell. Per l’Europa l’Italia si concentra in due fuochi: nel Parlamento — un’incognita da