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l’estenuante bisogna negli uffici terminata — eccomi in volta per i ministeri. I colleghi, le persone indifferenti che veggono un deputato in quelle anticamere lo guardano di una maniera significativa; e se il deputato siede alla sinistra, un mormorio bisbiglia che significa: non vel diceva io? egli emigra!

Il ministro, dal canto suo, mi riceve con un sorriso fino e sarcastico sulle labbra. Egli è cortese — troppo cortese — mi fa degli elogi che hanno l’aria di un rimprovero — perchè il giorno innanzi io lo aveva attaccato a fondo. Egli si mostra sollecitissimo a darmi soddisfazione. È impossibile di essere più amabile, più semplice, più bravo uomo, più insinuante, più piaggiatore. Egli mi dà perfino ragione sulla giustizia dei miei attacchi!

Un uomo forte si rileva contro queste trappole di cortesia perfida, e non lascia il suo andazzo. Ma gli uomini forti son dessi numerosi? Prendete su un buon borghese, il quale piova dritto dal fondo della Calabria o della Sicilia, un bravo diavolo che abbia sempre considerato un ministro come un essere soprannaturale, mettetemi codesto sere negli artigli di un ministro scaltro, come Peruzzi, per esempio: questo ministro lo volgerà, lo rivolgerà, l’ammalierà, quel suo intrattabile deputato dell’estrema sinistra, il quale tornerà via dalla sua visita al ministro abbacinato, cangiato, mistificato, dicendosi nella sua coscienza: «ma non sono poi mica sì tristi questi signori!»

Io non dico nulla come mai questo povero deputato, questo povero Adamo sotto l’albero della