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sovente con grande distinzione di modi e di scienza. Poi ricordo due napoletani, anzi tre, il cui nome e la cui parola risuona sovente nella Camera, e sempre udita con simpatia rimarcata, vo’ dire l’originale Mandoi-Albanese, l’enfatico ed accademico Minervini, dalla frase rotonda, dall’idea a marchio sempre scientifico, troppo cerimonioso ed intrepido in mezzo alle impazienze della stanchezza, e Lazzaro — che finirà per conquistare il suo posto quando avrà acquistato più calma, e la foga delle idee o dell’affetto non lo mutilerà. Aggiungo Leardi, istruttissimo giovane; Bottero, che, tutti sapete, ha figura da canonico, ma canonico come Swift e Rabelais. Infine, il silenzioso Cosenz ed il ministro della guerra, generale Petitti — il quale è un diminutivo del generale Lamarmora: come questi cocciuto, ma non avendo, come questi, antipatie e repugnanze a priori.

Se di tutti avessi voluto dire, ed a lungo, non me la sarei sbrigata sì presto. Ogni individuo del nostro Parlamento ha una storia, è una figura — ed avrebbe di giustizia dimandata una pagina. Ma nè io li conosco tutti, nè tutti ebbero finora il tempo di mostrarsi sotto il vero loro punto di luce. Ogni giorno io scopro là un carattere, qui un pubblicista e talvolta un uomo di Stato, altrove un oratore, più oltre un valente economista, ed ancora degli uomini pratici, culti, utili, che portarono, ciascuno dal lato suo, la pietra per elevare la piramide che chiamasi Italia una, e ne formano la vita, il pensiero, la gloria. Specialità infinite, maniere squisite, intelligenze vaste ed