lo ha tirato incontaminato di bassezze e di apostasia — malgrado i cangiamenti — da tutti questi urti della vita politica. Artista innanzi tutto, egli si è elevato sempre, anche quando sembrava discendere; si è elevato perchè credeva arrivare più presto alla soluzione dei destini d’Italia. — Egli credeva che questi tanti aeronauti, che egli salutava come aquile, lo conducessero a volo sublime. La valvola scattava: l’areonauta precipitava. Egli quindi ha suscitate in altrui molte collere, e per sè si è creati molti dolori, ma non credo alcun rimorso. L’ambizione, questo sublimato di tutte le poesie, gli aveva esilarato il cervello. Ed e’ si lusingava, poichè aveva il cuor largo, la mente vasta, era istrutto, aveva fede, aveva ardire, e tutto gli sembrava tinto del colore del successo. Nel 1859, quella che apparivagli da Parigi una delle mille ed una notte, cangiossi in una notte d’incubi e di uragani. Il disinganno arrivò. Egli volle tener fermo. Ai disinganni si aggiunsero le traversìe. Infine, ricreduto — mutato a nuovo, italiano oggi come lo era stato quando gl’Italiani d’oggi erano non importa che, la clemenza, o l’indifferenza di Bettino Ricasoli gli ha aperto le porte del Parlamento, per cui era davvero una macchia ch’e’ non vi fosse. Montanelli è eloquente e sarà una delle gemme della nostra tribuna. Egli sente, egli conosce la politica europea, sa di dritto e sa di storia, e comprende gli uomini. Non manca di destrezza. È scaltro e piacevole, insinuante ed affettuoso — a mo’ dei Francesi, sul fiore delle labbra — non ha nulla di volgare nel-