Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 171 — |
parte mia di classificarlo altrimenti che secondo la sua dichiarazione; come egli non è mica ancora ministeriale e non sarà giammai il capo della sinistra, come lo lascierebbe volentieri credere, io lo allogo, salvo errore, fra i repubblicani in istato latente. Ad ogni modo, il signor Crispi non è mica uomo a passare inavveduto in niun luogo, nè a restare negli ultimi ranghi. Alla Camera, ogni qualvolta parla, parla di sè o della Sicilia. È regionista, vale a dire, che carezza l’autonomia dell’isola sua. E ciò si comprende. Parla con lentezza, senza mirare a bagliori, ma al positivo, con una voce cadenzata di una maniera monotona. È stringente negli argomenti, e sempre nella questione. È laborioso e spiccio in mezzo alle panie amministrative.
Ha coraggio; ma troppa personalità di odi e di amori siculi — sì che l’usbergo della prudenza sua rompe le maglie. Crispi sarà ministro un dì — certo — e forse in epoca non lontana — nè sarà dei peggiori che afflissero Italia.
Quest’anno egli ha accentuata meglio la sua persona, la sua posizione, le sue tendenze, il suo carattere — sì che il Crispi inedito comincia a comparire per barlumi. Comparirebbe intero, forse, se, ambizioso con più calma, si scostasse da chi e da che gli sembra un appoggio per farlo più presto arrivare. Ad ogni modo, se egli si allontana con infinita cautela dal partito garibaldino, altri vi si barricano, e sono numerosi e gagliardi. Il capo di questo partito è Mordini — nell’eclissi di Bertani.