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puro tipo milanese — cavillatore, onesto, democratico e conservatore nel tempo stesso, intelligentissimo quando trattasi d’interessi materiali, poco curante degl’interessi politici, un po’ ruvido, un po’ brusco, un po’ pesante, ma dotto, ed ostinato come un mulo nelle sue opinioni, cui difende con abbondanza e con logica stretta. Aggiungo a questa categoria il signor Costa Antonio di Genova, spirito positivo e luminoso, sopra tutto in materie di finanze; il signor Pica, che per dieci anni trascinò le catene di forzato politico nei bagni di Napoli e che disgraziatamente troppo carezza, per vezzo di popolarità municipale, l’autonomia napoletana; il signor Giuseppe Romano, ardente di ben fare; il signor Mandoi-Albanese; il marchese Ricci, che fu ambasciatore a Parigi e ministro con Ratazzi all’epoca della seconda riscossa che così infelicemente soggiacque a Novara; il signor Levi, razionalista, autore di Giordano Bruno ed i liberi pensatori italiani, dell’Unità cattolica e l’Unità moderna, e di molti altri opuscoli politici e filosofici, collaboratore di Ausonio Franchi; il signor Ranieri, che spesso dorme ma vota sempre bene, autore anch’esso di opere storiche rimarchevoli e rimarcate, carattere debole ed anima indipendente, florido di velleità più che di volontà. Io potrei citare ancora molti altri nomi, che sotto ogni rapporto meriterebbero fissare l’attenzione: aggiungerò solamente il signor Varese, autore di una bella storia di Genova e di parecchi romanzi, cuore freddo, dicitura purissima e lambiccata, intelligenza elevata; il signor Menighetti,