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L’Italia poi deve a Guerrazzi il non aver essa veduto spento il fuoco sacro del sentimento nazionale. Da trent’anni il cuore d’Italia palpita potentemente rimescolato da questo scrittore veterano. La Battaglia di Benevento, l'Assedio di Firenze, Isabella Orsini, Veronica Cibo, i Nuovi Tartuffi, Beatrice Cenci, l’Asino, il Buco nel muro.... ed i suoi scritti politici, hanno avuto un rumoroso successo, non solamente letterario, ma nazionale. La stranezza del suo stile, amalgama bizzarro di lirismo e di pedantismo sonnolento, che si direbbe del Byron affannato e svaporato, del D’Arlincourt concentrato, la singolarità del suo stile, dico, vien compensata largamente da un olezzo di sentimento sempre generoso — quando non è scettico o gallofobo, e da una profondità di viste nuove, ampie, feconde, le quali rivelano un ingegno che lambe il genio. Guerrazzi commuove e scuote, ovvero disgusta.
Al Parlamento egli combatte da bersagliere. È la sua parte. Per il momento, egli sta sul broncio. Nella sessione passata non parlò che due volte, e male — ciò che avviene sempre quando la collera fa velo all’intelletto. Non vota mai. Fa dello spirito con i vicini, e lancia dei bei motti per sotto, non per sopra il mio banco. Fortunato il suo vicino che può raccoglierli!
Se gli ex-mazziniani sono numerosi, sopratutto sui banchi della destra, i mazziniani attuali e fedeli riduconsi a quattro o cinque. Il loro capo è Aurelio Saffi, gli altri, persone senza valore e senza nome. Io non parlo dei mazziniani misti, dei mazziniani