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malgrado Buoncompagni, Fenzi, Ridolfi, Ricasoli, egli prepara, combina, provoca ed ottiene il pronunciamento dell’esercito toscano. Il Granduca partito, Malenchini, Peruzzi, Danzini formano il Governo Provvisorio. In questo mentre l’imperatore Napoleone arriva ad Alessandria. Malenchini, attirato dall’odore della polvere, lascia il governo civile e si reca a Torino. Garibaldi gli dà il comando del magnifico reggimento dell’Appenino. La pace di Viìlafranca lo trova nella Valtellina, attaccato a Garibaldi. Malenchini lo segue nell’Emilia. Là egli concepisce il progetto di dare il comando dell’esercito dell’Italia centrale a Garibaldi. Farini, Ricasoli, il re stesso, dopo un colloquio, consentono. Ratazzi, il quale comprendeva dove questo comando avrebbe condotto, ricusa, onde non dar ombra alla Francia. Ricasoli e Farini ritirano la loro promessa, ed il general Fanti è sostituito a Garibaldi. Ecco l’origine del cattivo umore del generale contro questi tre personaggi.
Garibaldi conservò solamente il comando del corpo d’armata delle Romagne.
Sulle sponde del Taullo, il Rubicone di Cesare, l’impazienza di Garibaldi divenne una tentazione irresistìbile. Vuole passarlo. Cosenz e Malenchini lo ritengono. Malenchini si reca presso del general Fanti, il quale comandava il corpo d’armata del Centro, onde ottenere il permesso d’invadere l’Umbria. Garibaldi, dietro il rapporto di Fanti al re, è richiamato e dà la sua dimissione. Malenchini, rientrato indi a poco nella vita privata; andò a raggiungere il suo amico in Sicilia con un corpo di Toscani.