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molto culto, ha senso retto; quando la passione non lo altera, è di carattere molto onorevole.

Io noto ancora a volo di uccello, in questa parte della Camera, il signor Mattei, ingegnere delle costruzioni navali, distintissima capacità: l’ingegnere Grattoni, che inventò le macchine del perforamento del Cenisio; il colonnello Pescetti, il quale prende, con una autorità incontestata, la parola negli Uffici su tutte le proposizioni di lavori pubblici; il general Petitti, di cui parlerò più appresso; il marchese Ricci di Macerata; gli ingegneri Valerio e Susani, parlatori che danno l’asma, avvegnacchè competenti nelle materie che trattano ordinariamente; il primo uno dei campioni perduti del piemontesismo, l’altro, un dì ex corriere di gabinetto di Mazzini, repubblicano, socialista, e tutto ciò che vi piace; ora autorevolmente conservatore; Fenzi, a cui Ricasoli confidò il comando della Guardia Nazionale di Firenze, moderato prima, adesso, e dopo, parlando benigno, scrivendo meglio.

Io mi soffermo un poco su tre altre figure, le ultime che ho segnate della destra, prima di passare alla sinistra — saltando sul centro, il nostro pantano, o, se volete, la nostra pianura — vale a dire, il colonnello Malenchini, il commendatore Carutti e Quintino Sella. Indico in passando il valente professore e naturalista napoletano Oronzio Costa — onore d’Italia e dell’Assemblea — avvegnacchè egli prenda poca parte ai nostri lavori parlamentari. Egli è uno dei caratteri i più diritti ed i più onesti dell’Italia meridionale.