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Mi mossi; & quella fera bella et cruda
In una fonte ignuda
Si stava, quando’l sol piu forte ardea.
Io, perche d’altra vista non m’appago,
Stetti a mirarla: ond’ella hebbe vergogna;
Et per farne vendetta o per celarse
L’acqua nel viso con le man mi sparse.
Vero diro: forse e parra menzogna:
ch’i senti trarmi de la propria imago;
Et in un cervo solitario & vago
Di selva in selva ratto mi trasformo;
Et anchor de miei can fuggo lo stormo,
Canzon i non fu mai quel nuvol d’oro;
che poi discese in pretiosa pioggia,
Si che’l foco di Giove in parte spense:
Ma fui ben fiamma ch’un bel guardo accense;
Et fui l’uccel, che piu per l’aere poggia,
Alzando lei che ne miei detti honoro:
Ne per nova figura il primo alloro
Seppi lassar: che pur la sua dolce ombra
Ogni men bel piacer del cor mi sgombra.
Se l’honorata frande; che prescrive
L’ira del ciel quando’l gran Giove tona;
Non m’havesse disdetta la corona,
che suole ornar chi poetando scrive;
I era amico a queste vostre Dive,
Lequa vilmente il secolo abandona:
Ma quella ingiuria gia lunge mi sprona,