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     Che volendo parlar cantava sempre
     Merce chiamando con estrania voce:
     Ne mai in si dolci, o in si soavi tempre
     Risonar seppi gliamorosi guai;
     Che’l cor s’humiliasse aspro et feroce.
     Qual fu a sentir; che’l ricordar mi coce?
     Ma, molto più di quel, ch’è per inanzi,
     De la dolce et acerba mia nemica
     È bisogno ch’io dica;
     Ben che sia tal, ch’ogni parlare avanzi,
     Questa; che col mirar glianimi fura;
     M’aperse il petto, e’l cor prese con mano
     Dicendo a me, di cio non far parola:
     Poi la rividi in altro habito sola
     Tal, ch’i non la conobbi, o senso humano;
     Anzi le dissi’l ver pien di paura:
     E della ne l’usata sua figura
     Tosto tornando fecemi, oime lasso,
     D’un quasi vivo et sbigottito sasso.
Ella parlava si turbata in vista;
     Che tremar mi fea dentro a quella petra
     Udendo, i non son forse, chi tu credi:
     Et dicea meco, se costei mi spetra;
     Nulla vita mi fia noiosa, o trista:
     A farmi lagrimar signor mio riedi.
     Come, non so; pur io mossi indi i piedi