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Quand’io movo i sospiri a chiamar voi,
      E ’l nome, che nel cor mi scrisse Amore;
     Laudando s’incomincia udir di fore
     Il suon de primi dolci accenti suoi.
Vostro stato real, che ’ncontro poi,
     Raddoppia a l’alta impresa il mio valore:
     Ma taci, grida il fin; che farle honore
     è d’altri homeri soma, che da tuoi.
Così laudare et reverire insegna
     La voce stessa, pur ch’altri vi chiami
     O d’ogni reverenza et d’honor degna:
Se non che forse Apollo si disdegna;
     Ch’a parlar de suoi sempre verdi rami
     Lingua mortal presontuosa vegna.


Sì traviato è ’l folle mi desio
     A seguitar costei; che ’n fuga è volta,
     Et de lacci d’amor leggiera et sciolta
     Vola dinanzi al lento correr mio;
Che quanto richiamando più lenvio
     Per la secura strada, men m’ascolta:
     Né mi vale spronarlo, o dargli volta;
     Ch’amor per sua natura il fa restio:
Et poiché ’l fren per forza a se raccoglie;
     I mi rimango in signoria di lui,
     Che mal mio grado a morte mi trasporta
Sol per venir al lauro; onde si coglie
     Acerbo frutto; che le piaghe altrui
     Gustando afflige più, che non conforta.


a iii