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lasciati da parte i filosofi ed i poeti, m’avvenni in questo tuo scritto; nè ti potrei dire con quanto piacere lo leggessi. Così chi per amore di stranieri paesi va pellegrinando dalla patria, tocca appena la soglia d’una rinomata città, sente inondargli il cuore di nuova dolcezza, e ad ogni passo s’arresta ad ammirare quanto di bello gli cade sott'occhio.
A. — Però, sebbene altro suonino le parole, secondo che convengasi ad un maestro di cattoliche verità, avrai di per te conosciuto, come le dottrine di quel libro sentano in gran parte di filosofia, e spezialmente della socratica e platonica. E per dirti tutto, sappi che io mi posi a quell’operar, indotto solo da una parola del tuo Cicerone. Dio poi m’aiutò nel condurla, affinchè di pochi semi sorgesse copiosa messe. Ma torniamo a noi.
P. — Come t’aggrada, o buon padre; ma significami, ten, prego, quella parola che porse argomento ad un tanto lavoro.
A. — Cicerone, sdegnato cogli errori de’ suoi tempi, disse, non so in qual luogo: «costoro, perchè non aveano facoltà a guardare colla veduta dell’anima, tutto rapportavano al corpo; quando invece è indizio di ottima indole astrarre la mente dai sensi e il pensiero dalle volgari idee». Così egli: io poi, posta questa sua sentenza come a