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vi affiso il pensiero, che già mi credo giunto a quell’irrevocabile passo. Talvolta veggio aperto l’inferno e tutte le altre orribili cose che menzionasti; onde un tale sgomento m’assale, che tutto esterrefatto e tremando, balzo dal letto, con ispavento de’ miei famigliari e grido: cbe m’avvien mai? e che è questo ch’io soffro? e qual fine m’aspetta? O Gesù mio aiutami!

Oh da tanti mi togli orridi mali,
Signor pietoso, e la tua destra invitta
Scorta mi sia per questo aspro diserto;
Or tu nella suprema ora mi dona
Quella pace che invan supplice chiedo.

E molte altre parole a modo di farnetico, dovunque mi trascini la foga del pauroso mio animo, meco stesso ripeto. E ne piango talvolta cogli amici miei sì caldamente, da spremerne loro dagli occhi le lagrime; se non che dopo quell'istantaneo sollievo, mi sento l'uomo di prima. Epperchè adunque io non miglioro? qual v’ha segreta cagione, onde questo pensiero null'altro m’apporti che angosciosi terrori? ed io rimanga sempre lo stesso, non punto diverso da coloro cui giammai nulla accadde di somigliante? Ed in tanto anzi io sono più infelice di loro, che essi, senza pensare alla sorte che li aspetta, almeno si godono del piacere presente.