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P. — Ed io mi credeva tutt’altro.

A. — Or bada, non già a ciò che credevi, ma a quello che t’era mestieri di credere.

P. — Non vorrò mai più prestar fede a me stesso, se mi dimostri quanto io, altresì in tale proposito, sia caduto in inganno.

A. — Questa è agevole impresa; e purchè rechi a ciò un animo ben preparato, io rivolgerommi anche adesso ad un testimonio non guari lontano.

P. — E quale, di grazia?

A. — La tua coscienza.

P. - Essa mi dice il contrario.

A. — Quando la s’interroghi alla confusa, non potrà mai rendere una distinta risposta.

P. — Che fa questo a noi?

A. — Anzi moltissimo; e tu, a rendertene persuaso, attentamente m’ascolta. Non v’è alcuno di sì poco senno, ove non sia affatto pazzo, cui non soccorra talvolta alla mente la fralezza della propria natura, e che interrogato, non risponda d'esser mortale e d’abitare entro un corpo di deboli tempre; perchè di ciò lo fanno accorto e i dolori delle membra e gii accessi delle febbri; da cui qual v’ha persona, per quanto cara al cielo, che non sia talora assalita? Aggiungi che le morti degli amici, onde sovente sono contristati i nostri occhi, non possono non altamente atterrirne, dappoichè mentre si accompagna al sepolcro un de’ nostri coe- -