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senti ai miei detti; ti concedo di significarmi liberamente tutto che meglio ti piace.

P. — Avvegnachè con pauroso animo, pure io voglio usare la tua licenza. — E a tacere le testimonianze degli altri , io me ne appello a costei, presente sempre a tutte le mie azioni, e a te ancora, se m'angosciassi al pensiero della morte e della mia miseria, e quante lagrime versassi a cancellar le mie colpe; e vedi se anche adesso non mi scorra il pianto dagli occhi. Però, in tanto io repugno ad ammettere siccome certa la tua proposizione, in quanto che non istimo esser vero, che: «niuno, se non liberamente, sia precipitato nella miseria»; e che «non diasi persona, se non di volontà propria, infelice». Del contrario ebbi in me stesso prova assai dolorosa.

A. - Antico ed indeterminabile mi suona questo tuo lamento, e benchè io mi sia finora affaticato invano a mostrarti, che non è infelice se non chi lo vuole, pure non cesserò, ove a tanto riesca, di rendertene persuaso. Avvi dunque, come ti dicea dalle prime, negli uomini questa mala ed esiziale libidine di trarre in inganno sè stessi; la quale non si può dire abbastanza, quanto nella vita torni dannosa. Dappoichè, se a ragione state in guardia contro le male arti di coloro che sen vivono a’ vostri servigii, perchè e l'esempio altrui v’ammaestrò ad esser