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questo mi richiami alle dottrine degli Stoici, contrarie alle volgari opinioni, e più vicine alla verità che non acconce alla pratica.

A. — Oh il più sgraziato degli uomini, se t’avvii a discoprire la verità pel cammino delle credenze del volgo, e, scorto da ciechi duci, t'affidi di giungere a ravvisare la luce! A chi intende a tal fine, bisogna muovere per sentieri fuor di mano, e sospirando a cose più alte, per colà avviarsi, ove poche e rade si scorgano le orme, e allora gli sonerà gradita la lode del Poeta:

     «Di novella virtude, o giovanetto,
     L’alma rinfranca; è questo il faticoso
     Cammin che adduce alle celesti sedi».

P. — Deh che innanzi morte mi tocchi questa buona ventura! Ma va oltre, ten prego, chè io non ho affatto smarrita la vergogna; perciò ti confermo che le dottrine stoiche deggionsi preferire agli errori del volgo. Ora sto a vedere qual persuasione tu mi voglia indurre nell’animo.

A. — Rammentati di ciò che si è fermato tra noi; niuno, cioè, essere o divenir misero, se non per propria colpa. Ora di che altre parole è duopo a mostrarlo?

P. — Eppure mi furono conosciuti parecchi, e ben posso testificarlo col mio esempio, i quali di nulla più s’affannavano che