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A. — Ciò è vero negli altri argomenti; ma in quello dell'anima, avviene il contrario.

P. - E perchè?

A. — Perchè l'uomo che intenda a deporre la propria miseria, purchè veracemente e con ogni sua arte lo faccia, non può non venirne a capo.

P. — Davvero che il tuo discorso mi sa di strano! Pochi sono che non patiscano difetto d'alcuna cosa: del che ognuno potrà testimoniare che in sè ne abbia fatto l'infelice esperienza. Onde è da inferirne, che siccome il cumulo di tutti i beni rende felici; così il sottrarne alcuna parte, scema, finchè ne duri il difetto, lo stato di beatitudine. E che tutti anelino a deporre il fardello di sciagure onde sono gravati, quantunque pochi lo possano, è verità di per sè stessa chiarissima. Perchè quanti non v’hanno, tenuti in perpetua angoscia dalle malattie, dalla morte degli amici, dal carcere, dall'esilio, e da altri somiglianti disgrazie! Le quali se troppo sarebbe lungo l'annoverare, tanto più tornano malagevoli e moleste ad essere tollerate. Gravi dolori arrecano; e nullamanco l’uomo, come sai, non può liberarsene. Per tanto io conchiudo che molti a malincuore, e senza volerlo, sono infelici.

A — Tu vai colle parole assai lungi dal vero; e come si costuma dai più, argomen-