così che significasse questo tanto vivo pressarmi d’un uomo grande e che io non conosceva. Venni adunque, benchè tardi, a Padova, e da quel principe di chiarissima ricordanza, non che fossi ricevuto cortesemente, ma sì come i beati s’accolgono in
cielo; e tanta fu la gioja, l’inestimabile amore, e la bontà sua, ch’io, perchè non posso agguagliarla a parole, stimo meglio passarmene sotto silenzio. E questo ricorderò fra i molti suoi benefizii, che sapendo siccome io da’ primi anni era addetto alla vita ecclesiastica, affine di legarmi con nodi più stretti, non solo a sè ma alla sua patria, volle ch’io venissi eletto a canonico di Padova. Conchiuderò dicendo che se a lui fosse bastata la vita, m’era questo il fine d’ogni viaggio e del mio tanto errare. Ma ahimè! che nulla v’ha quaggiù che sia durevole! perchè non appena alcun dolce si provi, che tosto a guastarlo sopraggiunge l’amaro! Non compiva ancora il secondo anno da che viveva con lui, quando Dio lo tolse al mondo e alla patria; dappoichè, se l’amore non m’inganna, nè io nè la patria, nè il mondo eravamo degni di possederlo. E quantunque gli sia successo il figlio, sì per senno che per altre doti pregevole, il quale dietro il paterno esempio sempre m’ebbe caro e lodato; io però, perduto lui, col quale