non che l'amore di Roma, vinse la gentil violenza d'un tanto re. Ma tostochè mi vide immoto nel mio proposto, consegnommi sue lettere e spedì messi al romano senato, in cui molto cortesemente aprì il suo giudizio intorno al mio sapere; regal giudizio ch'ebbe allora l'approvazione di molti, e la mia principalmente; però adesso che scrivo, nè a lui nè a me, nè a quanti gli fecero plauso posso assentirlo: il bene che mi portava e la mia giovinezza, ebbero sovra l'animo suo maggior potenza che il vero. Quindi forte d'una tanto autorevole sentenza, tuttochè indegno, men venni a Roma; e con sommo piacere di quanti intervennero a quella solennità, ignorante com'era, fui fregiato del poetico alloro; di che, e in versi e in prosa, v'hanno alcune mie epistole. La laurea peraltro, in cambio di apportarmi scienza, mi partorì molta invidia: ma questa storia altresì troppo è più lunga che qui si convenga narrarla. Lasciata Roma, mi recai a Parma presso que' signori di Correggio, che, discordi tra loro, la governavano con reggimento siffatto, che quella città non n'ebbe mai a memoria d’uomini a sperimentare d'uguale, nè, siccome spero, alcun'altra sarà mai per averne di somigliante. Ed essi tanta amorevolezza e generosità mi usarono, che io, conoscente de' ricevuti onori, ed, a mostrare che non li aveano inde-