che ove non ne fossi stimato meritevole, essi non m’avrebbero chiamato. Perciò fermato di recarmi prima a Napoli presso quel sommo re e filosofo Roberto, non tanto pel regno che per la dottrina illustre, lui unico re dell’età nostra che fosse amico alle scienze ed alla virtù, domandai di ciò che meglio mi convenisse. Quali accoglienze ne ricevessi, e di quanto affetto mi amasse è tal cosa che adesso altresì mi cagiona maraviglia; e tu pure o lettore ne proveresti altrettanta, se vi fossi stato presente. Non ebbe egli appena intesa la cagione della mia venuta, che ne menò grandissima festa; pensando la mia giovanil confidenza, e forse l'onore che gliene ridondava, nell'aver eletto lui, quale il solo giudice, tra tutti i mortali. Che più? dopo un infinito conversare intorno a diversi argomenti, gli mostrai quell’Africa mia; della quale tanto si piacque, che mi pregò come di sommo favore di volergliela intitolare; ned io seppi, o poteva negarglielo. Fissatomi poi un giorno all’effetto, per cui io era venuto, dal mezzodì non mi lasciò sino a sera. E perchè al crescere delle materie corto era il tempo, protrasse l'esame a due giorni seguenti: così dopo che ebbe posto a prova il saper mio, nel terzo dì mi credette degno della laurea. Ed egli me la offeriva a Napoli, e non rifinì dal pregarmi, perchè dalle sue mani l'accettassi; se