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oscura; e nell’intrattenermi cogl’intimi amici non mi curai punto di farne mostra; che anzi mi maraviglio come Cesare Augusto se ne desse tal pena. Quando però l’argomento, il luogo e gli uditori dimandarono altro, non tralasciai di porre alquanto di studio ad esser facondo; e del come, giudichino gli altri che m’ascoltarono. Nè di questo avrei fatto gran conto, purchè buoni fossero stati i miei fatti; chè ventosa gloria è il cercar fama dalla splendidezza delle parole. Di questa guisa, siccome volle la fortuna o la mia volontà, mi corse diviso il tempo. Il primo anno di vita, nè tutto intero, lo passai in Arezzo ove era nato; i sei appresso, quando mia madre fu richiamata dal bando, nella villetta paterna di Ancisa, non più che quattordici miglia discosta da Firenze; l’ottavo a Pisa; il nono e i seguenti nella città d’Avignone, posta nella Gallia transalpina, alla sinistra sponda del Rodano, dove la chiesa di Cristo se ne rimane da lungo tempo in esiglio; ed avvegnachè pochi anni sono Urbano V. facesse mostra di riporla nell’antica sede, il suo pensiero tornò, come è noto, affatto vano; e, ciò che più m'attrista, mentre ancora viveva, quasi che si fosse pentito dell’opera buona. E se egli non avesse così presto lasciato il mondo, avrebbe certamente saputo come io la pensassi del suo ritorno.