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a87 Vrriritì, senza «he-mai l’oc di io possa .giungere al termine del cammino. Aggiungi che ti convenne spendere le più operose delle tue cure intorno a ciò cbe per essere appunto più gradito alla plebe, a te somma-» roente ineresceva; quindi, a blandire le orecchie degli ascoltanti, t’accingesti a comporre poemi e storie, e ad azzimare lo stile coi più ricercati fioretti della eloquenza. , , p% — Cèssa, che troppo mi sanno d’amaro queste parole. Da die uscii dì fanciullo giammai ebbi vaghezza di franche) e fu per questo che mi diedi sin d*allora a, notare tutti »que' passi , in cui ne sono dipinti da Cicerone codesti guastamestieri delle lettere. E mi gj scolpì principalmente nell’animo quella sentenza di Seneca: » è vergogna -che un uomo si dia a cogliere fiorellini, e si procacci fama dal -correre a caccia non d'altro che d’armoniose paiole », ^ . i — Non è ehe pp ti apponga taccia di ¡smemorato o dappoco, ma non è, fórse vero* •che dal tesoro delle cose imparate, facendoti a scegliere le più graziose , ne offeristi quasi

  • i|n presente agl? amici perchè ne ricevessero

istruzione e diletto? Nel -che troppo si parve quanto ti lusingassero gli allettamenti della Tana gloria, E/finalmente;, non ^ontenlo ai tuo giornaliero affaticare, il quale avvegna^ che ti rubasse gran parte del tempo, pure non ti prometteva altra fama che quella del