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p, — Non aTtro se non che questo mi sarebbe colmo d'ogni sventura, e solo conforto mi avrei nel riandare il passato. Ma disperano i venti le nostre parole, e le procelle mandino a male l’augurio. .‘'A.—O cieco I e non ancora intendi quanto v’abbia di demenza net sottomettere l’animo alle mortali cose, che, rinfiammando le cupidigie, non consentono un istante di tregua ? Poi, siccome elle non hanno giusto fine a che riposare, agitato che abbiano violentemente il cuore, e promessogli false gioie, lo rendono più infelice che prima. P. — Se hai altro argomento di questo più efficace, t’affretta ad arrecarlo ; che a, quanto finora dicesti, non sento di arrendermi. Perchè non consecrai l’animo mio, siccome credi, a cosa mortale, nè di lei più ebbi amato il corpo che l’anima; ma si ne fui preso alle virtù, belle oltre ogni umano costume, e che mi faceano fede in terra dell* vita de’beati nel cielo. Pertanto se ella morendo mi lasciasse solo quaggiù, rabbrividisco a imaginarlo^ avrei da racconsolarmi nel pensiero, che io amai la virtù di lei che noi* è spenta ; siccome diceva quel Lelio, sapientissimo dei Romani,, quando per morte gli fu tolto un suo carissimo. A. — Ben altro che mezzana fatica sarà la mia, ove giunga a farti sgombrare dalla inespugnabil rocca d’errore, entro cui ti