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127 DIALOGO TERZO. ■ \ v A. —. Se dia ciò che ti son venuto discor- • ~ ^ i i reWo sin qui, provasti alcun giovamento; quanto, so e posso ti prego, a voler ascoltare di buon grado quello che mi resta a dirti, e a smettere all'intatto la voglia di oppormiti. e contraddirmi^ . p, — Te ne do la mia , fede ; perchè,, grazie a*tuoi ammonimenti, io mi sento levato di dosso parte del peso che si mi affannava ; ond’è che più volentieri m’appressi a porgere orecchio al rimanente. . .A. — Io non addentrai ancora il ferro in quelle ferite che pili profonde disdegnano l’aiuto dell’arte; e il vivace tuo risentirle-» ne, appena che v'accostai la mano, me n’ è indebitata prova. Ma spero che adesso, rin- ^ francato neH’animo, comporterai di buon grado le cose che, alquanto più aspre, imprendo ad esporti. P. — Non temere, che già mi sono accostumato, e a sentire il nome delle malattie, e a non ricusare 1‘ opera del mio medico. A Due catene d'adamante a destra e a sinistra ancora ti cerchiano; le quali non consentono al pensiero d’arrestarsi nè sulla vita, nè sulla morte. Io paventai sempre che da esse trascinato, non precipitassi nell’abisso. E non ne sono nè saronne sicuro