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115 Io, dùbitoso sempre dell’ avvenire, e ¡licerlo nell'animo, non risento alcuna dolcezza de*favori della fortuna, e, come vedi , vivo, più che a me, agii altrV; cosa fra tutte la più miseràbile. Oh fosse akneno die trovassi riposo nella vecchiaia ! e dopo un tanto essere trabalzato dall’onde, morissi in porto tranquillo. - A, E tu adunque, tra tante miglia- ia d’uomini, di mezzo al turbine delle umane vicende, ravvolto nella molteplice varietà di tanti avvenimenti, ed in cosi gran* de incertezza delTavvenire; tu solo, a dir breve, posto sotto l’impero della fortuna , vorrai passartela spensieratamente ? Uomo mortale, guarda bene a che aspiri; guarda che chieda! In*quanto poi al lamentare che fai di non aver vissuto a te stesso, servaggio piuttosto che inopia e da chiamarsi il tuo; il quale, sebbene sia cosa molto infelice , pure se col pensiero tu ti dia a discorrere per le condizioni umane, ne riscontrerai pochissimi, cui toccasse di vivere a se stessi. Perché, coloro altresì che hanno fama di più fortunati, ed ai servigi» dei quali stanno pronte infinite genti, deggiono poi anche -essi, senza badare n veglie ,e a fatiche, viver pronti agli altrui cenni ; secondo che le loro parole ne fanno testimonianza. Ed a 'Convincertene con un illustre esempio > i° ^ recherà le parole di Giulio Cesare j il quale