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della gola che non t'allettarono mai; se non forse la voluttuosa compiacenza che provi talvolta nel sederti a mensa con qualche amico. Ma ciò non mi dà ombra; dappoichè tosto che ti rinchiuda nel tuo ritiro, ogni attrattiva di siffatti piaceri sparisce; e tu quando dal mondo sei lontano, vivi con tal sobrietà, che in questo m’era dolce il vederti primo tra molti. Tralascio altresì dell'ira, a cui se talora più del giusto t'accendi, non va guari che, per la dolcezza dell'indole, ritorni in pace, memore del consiglio d'Orazio:

Ira è breve furor; l'animo reggi,
Che imperar vuol, se d’obbedir disdegni;
Tu con briglie e catene ognor lo infrena.

P. — Io confesso che, e questa poetica sentenza, ed altre che imparai dalla lettura de’ filosofi, mi furono di non mediocre giovamento, e soprattutto la ricordanza della brevità della vita. Dappoichè qual rabbia è codesta, che ci spinge a spendere i pochi dì che ne sono assegnati, ad odiarci e danneggiarci a vicenda? Poco andrà che sovvenga l'ultimo de’ nostri giorni, a spegner codeste fiamme, ad ammorzare gli sdegni; e se al nimico nostro, qual gravissimo dei mali, desideriamo la morte, ne sarà tra non molto esaudita la scellerata dimanda. Pertanto a che frutta il ruinare sè ed al-