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rono, volsero in meglio, corressero, aggiunsero, raccolsero, onde formossi quel sapientissimo Codice che pigliò nome da Giustiniano. Se però è lodatissima la giurisprudenza civile, mai si affermerebbe lo stesso della criminale. I diritti singolari, che già nuocevano nel giure privato, recano pur qui detrimento: la plebe era punita diversamente degli ottimati, l’ingenuo del liberto, il liberto dello schiavo: di frequente si minacciava la pena di morte, più spesso si puniva co’ tormenti, colla tortura, colle amputazioni. Perchè tenta differenza fra le leggi di uno stesso popolo? Il Diritto penale, domanda, a mio avviso, un più largo svolgimento dell’intelletto, e una più larga cognizione de’ principi morali e sociali; epperò si esiga una ragione maturata dal progredire delle scienze, un savio concetto della libertà prodotto dallo svolgersi della ragione.
Il Cristianesimo volle rinnovellato il mondo nel nome dell’universale fraternità e ci recò tanta vigoria di bene, tanta luce di vero, che parve a un tratto dovesse bastare solo a fondamento d’ogni civile sapienza: all’incontro, non pur scemarono, si accrebbero le difficoltà. Lottarono per secoli i Barbari co’ Romani e fra loro, pugnarono imperatori e re contro a’ Comuni, baroni e signori contro i sovrani, il popolo contro a’ baroni, l’ecclesiastica contro la civil podestà. Nè meno viva era la lotta dell’umane passioni, del bene e del male. Le vendette più sanguinose e il più largo perdono, l’amore il più gentile e il libertinaggio