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grande dottrina. Non dobbiamo tuttavia tacere come difetti la chiarezza, o la dizione sia trascurata. Cagione di frequenti errori fu poi il voler ridurre ogni facoltà dell’anima alla sola sensazione. Tale dottrina egli importava di Francia dove l’ebbe difesa Condillac, ma questi più logicamente volgevasi all’analisi, e il metodo sintetico, seguito da Beccaria, condannava come tenebroso1. Fu ad ogni modo il suo libro giovevole alla scienza ed, additando il legame fra la letteratura e la filosofia, dispose le menti a quelle sottili indagini che fecero chiaro di poi il nome di Kant, di Herder, di Hegel, di Cousin, di Gioberti e di altri non pochi.

Fu questa forse nuova occasione a rinnovargli l’accusa che el pensasse a mo’ di Francia come alla francese si esprimeva, e fosse in tutto pedissequo degli Enciclopedisti. Veramente egli ritrae assai de’ tempi, ma non copia, non serve ad alcuno. Inclinando al sensismo, lo vedemmo, riuscì ad un metodo opposto a quello del maestro; lo scherno cinico di Voltaire ammirò, non volle imitare giammai; gli uomini non tenne a vile come Rosseau; lodò Elvezio, e forse troppo, ma seppe serbare integra la fede nella moralità; ebbe encomi anche per D’Holbach, ma dimostrò di nutrire nell’animo la nobile speranza che la scienza si potesse conciliare col Cristianesimo. Nato dal moderno rivolgimento dell’umano sapere egli venera chi lo precedette, ma in nome della libertà, dalla scienza pro-

  1. Logica P. II. C. VI.