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spaventarono altri, temendo a ragione che nel santo nome della divinità troppo s’allargasse la cerchia del potere penale; ed ecco Kant risalire al concetto stesso di giustizia per cui il male merita male, Mamiani alla legge naturale come che da essa la sociale derivi, Lucas giustificare la pena pel suo scopo e volerla tutta rivolta all’emenda. Fu lotta pertanto fra due scuole, l’una che attinse alla necessità, l’altra che chiese alla giustizia la ragione del punire. A conciliarle intervennero Carmignani, Rossi, Buccellati ed altri, i quali fondandosi su quanto già i precedenti aveano pur dovuto confessare, determinarono, per diverso modo, niuna punizione esser legittima se non nel nome della giustizia, nè doversi chiamare l’umana giustizia a punire, se non lo imponga la sociale necessità. Se fra così diversi pareri mi concedete di esporvi il mio, io reputo che chi voglia rinvenire lo origini del diritto di punire, non debba ricorrere all’una o all’altra legge che l’intelligenza nostra ne riveli, ma debba salire più alto e rivolgersi direttamente all’umana natura. Essa spiega la cogeizione e ad un tempo il sentimento di ciò che è giusto, da essa si svolge la tendenza a riunirsi in società, in essa a dir breve riposa ogni ragion di punire. La riforma moderna della scienza imponendo di esaminare noi medesimi va ogni di più rassodando il convincimento che tutti i diritti individuali e sociali si fondino sull’uomo e sull’eterno obbietto del suo pensiero, pel quale egli è un essere intelligente e volitivo.