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sotto pena di morte1; un cotal frate, prezzolato strumento della Serenissima2, scagliavasi contro di esso fieramente, e Beccaria rispondeva, e le censure si aumentavano in proporzione della fama. L’ebbero taluni accusato di bestemmia e di sacrilegio, altri vi scorsero un’imprudente invettiva contro i tempi, altri una fiera minaccia di turbamento all’ordino sociale.

Le erano in gran parte accuse procedenti da pregiudizi che, prevalsi per secoli, mal vince, in brevi giorni, qualsivoglia più severa dialettica; non dirò io tuttavia che l’opera sua fosse esente da ogni difetto: ve ne hanno, e son gravi. La celebre ipotesi del contratto è gratuita ed assurda: Bossuet chiedeva a buona ragione la si comprovasse con documento. Se l’uomo è di sua natura sociale come mai vi fu tempo in cui la società non esistette? E se una società non eravi, come poteva essere sacro un contratto, l’idea del quale già suppone un consorzio civile? Infine le fondamenta di questo antichissimo patto non sarebbero esse già crollate innanzi a tante sommissioni volontarie e volontarie rinuncie? Si risponde: il diritto è imprescrittibile, e sta bene; però facciamo assai meglio, non cerchiamo nelle sue ipotetiche manifestazioni l’origine delle società, domandiamola alla sua nozione medesima, e ricordiamo che quali siano stati o sian per essere gli eventi, il diritto è una proprietà dell’umana natura.

  1. Vita di Beccaria che precede le opere dell’A. Edizione della Società tipografica de’ classici italiani. XXXVI.
  2. Facchinari.