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non derivi. Quanto poi non trasse egli da Montesquieu che non dubita di chiamar suo maestro? Infine mostrò di affidarsi persino alle scienze positive, e chiese loro la precisione del concetto, lo stile stringato e succoso e talvolta, di che taluni gli muovono rimprovero, anco l’espressione e la frase.

Ma non avesse tolta idea da chicchessia, non gli fosse venuto dello verbo che consuonasse con quanto altri già aveano affermato, il pensiero stesso del libro, il suo obbietto, il suo scopo sono risultamenti immediati della moderna scienza. Richiamata una volta a sè stessa ed alle sue forze l’umana intelligenza, svolte in nuova forma le dottrine morali, conseguiva che le leggi, e specialmente le criminali, per necessità logica dovessero colle dimostrazioni della scienza e coi nuovi convincimenti consentire. Per ciò appunto già Grozio, Montesquieu, Rosseau1 aveano, trattando delle pene, inclinato l’animo alla benignità.

Verrà dunque da tutto ciò scemata assai la lode che spetta al Beccaria per l’opera sua? Se, ottimi giovani, un coltivatore piglia il seme d’altronde e lo reca nel suo campicello, indi ne svolge le glebe e con ogni maniera di cure fa ch’attecchisca, germogli, dia frutto, non avrà egli merito alcuno? Le verità si rinvengono non si creano, e non è dato rinvenirle (e vi sia questo di salutare ammaestramento) se non a chi si applica intensamente allo studio e sa

  1. Grozio, Op. succ. Lib. II cap. 2O ed altrove. Montesquieu Op. succ. Liv VI ch. II e Liv. XII ch. IV. Rosseau Op. succ.