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padre e ogni tanto posavagli in atto carezzevole la testa sulla spalla, la guardava di continuo e le faceva salire a vampe il rossore fino alla fronte e alle orecchie.

Naturalmente l’Ubaldo scrisse il giorno dopo sul Tempo un articolo molto laudativo per il Rossetti e trovò modo di vantare la splendida bellezza della figlia, che aveva servito di modella al quadro di Desdemona. In redazione si burlarono molto di lui per l’ammirazione tributata a un artista invecchiato nell’oscurità, ma i colleghi dell’Ubaldo andarono allo studio del Rossetti e tutti rimasero incantati della figlia. Intanto il pittore dedicò a colui che gli aveva procurato tutte quelle visite di giornalisti una grande riconoscenza. Non si sentiva più ignorato e questo lo doveva ad Ubaldo, e glielo diceva e glielo dimostrava ammettendolo in casa sua, in mezzo a quella numerosa e geniale figliolanza, dove la miseria non era riuscita a offuscare la serenità e l’allegria.

Era d’autunno e a Venezia affluivano molti forestieri del Nord, diretti a Nizza, a Cannes, a Roma e a Napoli. Mercè le preghiere dell’Ubaldo, due altri cronisti parlarono del Rossetti e del suo ultimo quadro, che fu venduto davvero a una signora russa, e l’artista ottenne commissioni da altri forestieri.