Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 36 — |
sogno di altre ventiquattro per pensarci, e dopo una settimana finalmente scriverà il resoconto.
— E tu dove ti metti? — disse Fabio.
— Io non faccio più parte della grande famiglia, — rispose Caruso lasciandosi cadere le lenti dal naso con un fare stanco e noiato. — Io la ripudio, non perchè disprezzi quella certa influenza che il giornalismo conferisce, ma perchè l’esercizio del mestiere è troppo poco rimunerativo, e io ho bisogno almeno almeno di campar bene; è un mestiere da signori, che don Pio potrebbe fare, ma non io.
— Ma chi avrebbe mai supposto, — esclamò il Sorani, che era un ometto magro, tutto nervi, che non sapeva star fermo un istante, — chi avrebbe mai supposto che il principe della Marsiliana, così muto, avesse nel cervello delle idee come quella della stazione in Trastevere! Pareva occupato soltanto di sè, dei suoi cavalli, e stufo anche delle donne.
Fabio involontariamente guardò Caruso, ma questi pareva occupato a tagliare col temperino la punta di un sigaro d’Avana, e nulla rivelava in lui l’uomo che volesse rivendicare la paternità di quella idea, e molto meno vantarsi di averla suggerita. Maggiore