Pagina:Perodi - Il Principe della Marsiliana, Milano, Treves, 1891.djvu/36


— 28 —

in forza del servizio resogli e creava fra di loro una specie di complicità. Un resto di onestà, un sentimento di pudore lo spingevano a protestare, ma il pensiero del fine cui mirava, troncavagli le parole in bocca e lo induceva a lasciare che le cose andassero per la china su cui avevale avviate Caruso, purchè riuscisse eletto.

I popolani del Trastevere, abbacinati da quel miraggio d’interessi e di guadagni, erano tutti concordi nel vedere in don Pio l’unico candidato, il solo candidato serio, e non pensavano più alle simpatie della principessa della Marsiliana per i clericali, non osavano più rimproverare al principe l’inerzia di cui aveva dato prova per il passato. Appena Caruso ebbe cessato di parlare, un evviva frenetico, accompagnato dall’inno di Garibaldi, echeggiò per la sala bassa, tutte le mani si protesero per cozzare i bicchieri ricolmi, e don Pio, turbato, dovette partecipare al brindisi.

— In bocca al lupo, — gli disse Caruso avvicinando il proprio bicchiere a quello di don Pio.

— Grazie, — disse il principe, guardandolo senza sorridere.

Fabio Rosati s’era alzato e andava da una tavola all’altra distribuendo strette di mano,